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L'Accademia degli Incogniti

Ci troviamo nel glorioso Seicento della Serenissima e, in città, l’epidemia di peste è ormai solo un brutto ricordo. Ora tra le calli si respira unicamente un’irrefrenabile e incessante voglia di vivere, anzi, di rivivere. Venezia è la città più cosmopolita della penisola: con un braccio si allunga verso il lontano Oriente della seta e dei Catai, con l’altro stringe la mano al fermento artistico e culturale europeo.


Ma, soprattutto, l’anima di Venezia è libera, e per questo meta prediletta di audaci, ribelli, intrepidi pensatori. In quest’epoca di ricco fervore intellettuale, Palazzo Ruzzini è protagonista intrigante e misterioso di una storia destinata a lasciare un’orma indelebile nei secoli a venire: tra le sontuose mura, infatti, vi si riuniscono segretamente i più anticonformisti veneziani, al motto di intus ut libet, foris ut moris est - fa ciò che desideri in privato, in pubblico adeguati ai costumi.

In “incognito”... Giovanni Francesco Loredan ha attratto qui i più begli intelletti d’Italia.¹

GLI INCOGNITI


Giovanni Francesco Loredan, nobile d’origine e ribelle di vocazione, nel 1630 - quando è solo un dissennato ventisettenne - fonda l’Accademia degli IncognitiEx Ignoto Notus. Il suo fine principale, quello di dar voce agli spregiudicati, agli impudenti, ai libertini veneziani le cui corde vocali (mai le volontà) erano spezzate dalla rigida attività di censura.


Reo luogo degli incontri clandestini è proprio il nostro Palazzo Ruzzini, per esteso Palazzo Loredan Ruzzini Priuli, dimora gentilizia del Loredan nel cuore palpitante veneziano. Qui, lungi da orecchie indiscrete, i volti celati dalle tradizionali maschere per sfuggire all’accusa mortale di lesa maestà e apostasia, si leggevano libri proibiti, censurati, stampati in religioso segreto dai tipografi veneziani.


Gli Incogniti erano intrinsecamente anticlericali e antimonarchici, insofferenti di fronte alla prepotenza episcopale e spagnola, fiduciosi nell’aureo futuro della Serenissima, impero il cui Sole non avrebbe dovuto tramontare.

La maschera – perché?
Siamo “in incognito”: è un gioco, un gioco serissimo. Uomini, donne, veneziani, stranieri, gentili, ebrei...

A fare gli “incogniti” giocano solo i liberi spiriti, le intelligenze...¹

AUDACE EDITORIA


Le loro armi, carta e penna: nessun genere letterario venne risparmiato, dalla narrativa alla storiografia, passando per la poesia alla trattatistica latina, con un sottofondo non troppo “sotto” di impronta marinista. Tratto distintivo dei libri "Incogniti", il logo disegnato dal foresto Francesco Ruschi e impresso nel frontespizio, raffigurante il Nilo (le cui sorgenti erano, nomen omen, incognite), scorrere in tutto il proprio dirompente vigore dalla cima di una montagna per poi gettarsi nel Mar Mediterraneo.


E, nonostante l’oneroso affacendamento per stampare nei torchi clandestini questi scritti misteriosi evitando anche il più insignificante degli elementi paratestuali che incriminasse lo spregiudicato tipografo, il logo, lì, stampato in bella vista di fronte agli occhi di chiunque, era un guanto di sfida. Gli Incogniti non lo erano poi così tanto, tutto sommato. La loro attività non si esaurì solamente nell'universo letterario, ma toccò anche altri ambiti, come la musica, il teatro e l’arte figurativa.

Venezia, una sera del febbraio 1631, Palazzo Loredan a Santa Maria Formosa: è in corso una riunione dell’Accademia degli Incogniti. Sulle note del madrigale di Monteverdi “Non vedrò mai le stelle”, un gentile e anziano signore, in maschera, sussurra a una giovane donna, anch’essa mascherata, i versi dell’incipit di un sonetto...¹

LA VITA SEGRETA DI PALAZZO RUZZINI


L’aspetto inedito di quest’accademia anticonformista furono gli impieghi pubblici dei suoi membri, che, oltre ai propri  natali aristocratici, spesso alla luce lavoravano come senatori o consiglieri della Repubblica della Serenissima, e nelle tenebre dell’anonimato si sollazzavano leggendo e tramandando gli scritti più proibiti e sconvolgenti dell’epoca.


Dietro molte delle maschere, si celavano  dogi, avvocati, noti consiglieri comunali: lo stesso Giovanni Francesco Loredan si fregiava del proprio illustre impiego all’interno del Minor Consiglio, composto dai sei aristocratici che, in stretta sinergia con il doge, erano nientedimeno che la Serenissima Signoria


Palazzo Ruzzini, quindi, agli occhi dei meri osservatori che si soffermavano a scrutarne le imponenti facciate barocche con il naso all’insù, era semplicemente la dimora di un facoltoso nobile - ma per i pochi eletti, i liberi spiriti - era il luogo votato all’enigma, all’occulto, al proibito. Ecco la vita segreta di Palazzo Ruzzini.

1. Testi tratti liberamente da Monica Centanni, Dialoghi, in Venezia gli Ebrei
e l'Europa 1516-2016, Fondazione Musei Civici di Venezia, Venezia, 2016.
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